L'archivio
Già all'epoca della stesura dei due volumi della "Storia Ecclesiastica della Città di Grosseto", redatta nel 1751-1752 dal cancelliere Francesco Anichini, l'Archivio Vescovile di Grosseto, secondo notizie tratte da varie fonti bibliografiche, aveva subito notevoli distruzioni a causa di un violento incendio intorno al 1560. La raccolta e l'ordinamento di quello che rimase fu eseguita nel 1585 per ordine dell'allora vescovo di Grosseto Mons. Claudio Borghesi che, usufruendo di tale organicità, compilò un "Libro dei Ricordi" comprendente notizie e documenti delle Diocesi di Roselle e Grosseto dal 1108 al 1590. Purtroppo è andato quasi subito disperso, anche se nella documentazione rimasta vi si fa spesso riferimento. Risulta inoltre che furono trasportati presso la Curia Arcivescovile di Siena molti importanti atti, fra cui la famosa Bolla di Papa Innocenzo II, del 9 aprile 1138, riguardante il trasferimento della sede vescovile da Roselle a Grosseto. Probabilmente ciò avvenne per l'origine senese di molti vescovi, che spesso rientravano nella città natale da dove alcune volte gestivano la curia.
Bisogna aspettare fino al secolo XVIII per riavere sia un nuovo ordinamento dell'archivio, a cura del già citato Anichini per incarico di Mons. Antonio Franci, sia una silloge documentaria di atti compresi tra il 1108 e il 1718, redatta dal cancelliere Sebastiano Antonio Tattarini, anch'essa andata purtroppo perduta.
Nel 1859 l'archivio doveva essere nel più completo abbandono, tanto che il vicario capitolare Giovanni Chelli nominò il canonico Luigi Rauggi a conservatore e curatore dello stesso. Nel decreto di nomina si ribadisce la necessità di una sistemazione dei documenti e gli si affida per maggior rapidità l'ausilio di altri due operatori.
All'inizio di questo secolo alcuni interventi sull'archivio vescovile furono eseguiti per incarico del vescovo Paolo Galeazzi da parte di Mons. Pellegrini e di Mons. Dianzani.
Subito dopo l'archivio subì notevoli danni a seguito del bombardamento del 1943 e la documentazione fu raccolta ed ammassata in gran confusione nei locali del Seminario, dove l'anno successivo fu completamente e quasi irreparabilmente danneggiata dall'alluvione provocata dallo straripamento del fiume Ombrone. In seguito l'esigua documentazione rimasta venne trasferita di nuovo nei locali della curia vescovile.
Bisogna aspettare fino al secolo XVIII per riavere sia un nuovo ordinamento dell'archivio, a cura del già citato Anichini per incarico di Mons. Antonio Franci, sia una silloge documentaria di atti compresi tra il 1108 e il 1718, redatta dal cancelliere Sebastiano Antonio Tattarini, anch'essa andata purtroppo perduta.
Nel 1859 l'archivio doveva essere nel più completo abbandono, tanto che il vicario capitolare Giovanni Chelli nominò il canonico Luigi Rauggi a conservatore e curatore dello stesso. Nel decreto di nomina si ribadisce la necessità di una sistemazione dei documenti e gli si affida per maggior rapidità l'ausilio di altri due operatori.
All'inizio di questo secolo alcuni interventi sull'archivio vescovile furono eseguiti per incarico del vescovo Paolo Galeazzi da parte di Mons. Pellegrini e di Mons. Dianzani.
Subito dopo l'archivio subì notevoli danni a seguito del bombardamento del 1943 e la documentazione fu raccolta ed ammassata in gran confusione nei locali del Seminario, dove l'anno successivo fu completamente e quasi irreparabilmente danneggiata dall'alluvione provocata dallo straripamento del fiume Ombrone. In seguito l'esigua documentazione rimasta venne trasferita di nuovo nei locali della curia vescovile.